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La Trombosi Venosa Superficiale: cos’è e come trattarla

Come già anticipato nell’articolo di Maggio, l’arrivo del caldo è purtroppo il momento più complicato per i nostri arti inferiori e la probabilità di sviluppare una complicanza dell’insufficienza venosa cronica (ulcere, trombosi, emorragie etc…) diventa molto alta.
Dopo aver cercato di capire meglio cos’è un’ulcera e come curarla, proviamo a fare chiarezza su cos’è una Trombosi Venosa Superficiale (TVS), più comunemente chiamata “flebite”. La Trombosi Venosa Superficiale (TVS) è l’infiammazione di una vena del nostro sistema venoso più superficiale. Colpisce maggiormente gli arti inferiori, coinvolgendo la Vena Grande Safena nella maggior parte dei casi (60 – 80%), meno la Vena Piccola Safena (10% - 20%) o altre vene collaterali (10 – 20%). Può tuttavia svilupparsi, anche se molto più raramente, negli arti superiori e sull’addome. Le donne sono più colpite degli uomini, l’età media è approssimativamente intorno ai 60 anni. 

Le cause

La causa principale della TVS degli arti inferiori è la presenza di vene varicose. Il sangue all’interno di una vena varicosa ristagna e tende a formare un piccolo trombo che rende la vena stessa un cordoncino duro e molto dolente, diventando ben visibile sulla zona interessata, che tende ad arrossarsi.
Nelle TVS senza fattori di rischio evidenti, migranti o ricorrenti, e in assenza di vene varicose, si può sospettare la presenza di condizioni patologiche sottostanti quali malattie autoimmuni, tumori, trombofilia congenita.
Ulteriori fattori predisponenti possono essere obesità, gravidanza, contraccezione orale, terapia ormonale sostitutiva, lunghi viaggi in aereo, chirurgia recente.
Se notate la comparsa di tumefazioni o avvertite dolore in corrispondenza di una vena e avete uno dei fattori di rischio sopraelencati, il consiglio è di rivolgersi a uno specialista per effettuare una visita di controllo.

La Diagnosi

La diagnosi della Trombosi Venosa Superficiale viene stabilita prima di tutto sulla base dei segni clinici: dolore localizzato, indurimento, calore e rossore lungo il decorso anatomico della vena superficiale e/o presenza di un cordone palpabile.
L’esame ultrasonografico, l’ecocolordoppler, permette poi di confermare la diagnosi clinica, consente di misurare l’estensione del trombo e la sua localizzazione rispetto ai collegamenti con il sistema profondo.

Le complicanze

Le complicanze tromboemboliche rappresentano il principale problema delle TVS, anche se la frequenza di associazione è ancora controversa. Può succedere che il trombo presente nella vena superficiale si estende progressivamente al sistema venoso profondo attraverso la giunzione safeno – femorale o safeno – poplitea o attraverso le vene perforanti. In questo caso, il rischio di embolia polmonare ovviamente è molto più alto.
Per questi motivi, la Trombosi Venosa Superficiale è una condizione clinica che va trattata nel più breve tempo possibile, sia per prevenire l’estensione del processo trombotico ai vasi venosi profondi, sia perché comporta grande disagio per il paziente a causa di una sintomatologia all’esordio spesso invalidante.

Il trattamento

Nella maggior parte dei casi, la TVS regredisce in pochi giorni. Per contrastare il dolore ed evitare l’eventuale comparsa di febbre si interviene con l’utilizzo dei farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). Indossare immediatamente una calza elastica idonea accelera il processo di riassorbimento del piccolo trombo, riduce il gonfiore ed il rischio di peggioramento del quadro iniziale. Per ridurre l’infiammazione, è indicato assumere flebotropi a base di diosmina, troxerutina, centella, bromelina, sostanze naturali che hanno, tra le altre, anche proprietà antinfiammatorie. In presenza di TVS molto estese si utilizzano Eparine a Basso Peso Molecolare (EBPM).
Per favorire il processo di guarigione, è indispensabile fare lunghe passeggiate. In questo modo si evita il ristagno del sangue all’interno del circolo venoso e se ne accelera il flusso, così che il trombo possa riassorbirsi più velocemente.

Ma come già sapete, concedersi camminate con regolarità è un toccasana in ogni situazione ed è quindi ideale acquisire questa abitudine per aiutare il nostro corpo a stare bene!

  

Il mio messaggio per voi

Credo che la parola “flebite” sia in assoluto tra le più gettonate in ambito medico. Sono certa che a chiunque tra voi sia capitato almeno una volta di sentirsi dire, in risposta ad un banale “ho male ad una gamba” di stare attenti perché “forse è una flebite”.
Al contrario però di quanto si pensi, la flebite non è così comune, ma nella maggior parte dei casi viene confusa con altri disturbi. Paradossalmente, potrei dire che di 20 pazienti che varcano la porta del mio ambulatorio per una sospetta flebite, ne confermo la diagnosi a uno solo (a volte nemmeno)!
Come avete potuto leggere, la flebite ha dei sintomi ben precisi e se resta localizzata non è nemmeno una patologia per cui allarmarsi troppo. Va sicuramente trattata con tempestività e nel modo più corretto, ma non deve generare ansia!
E, cosa ancora più importante: ha un esordio ed una guarigione. Non esistono flebiti che durano da 10 anni!
Spero di essere riuscita a fare un po’ di chiarezza su questo grande “spauracchio” della medicina. Ora più che mai, visto che,  in piena campagna vaccinale anti – Covid, è diventato argomento delle più svariate conversazioni.

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